Foto e video della presentazione di venerdì 7 luglio del romanzo “Voler bene in segreto” di Domenico J. Esposito a Montesarchio, biblioteca “Amicolibro”.

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Presentazione romanzo “Voler bene in segreto” di Domenico J. Esposito a Montesarchio (BN)

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“voler bene in segreto” di Domenico J. Esposito, Eretica edizooni. A cura di Alessandra Micheli

LES FLEURS DU MAL BLOG

Eccoci di nuovo a raccontare un libro a tratti scomodo, dallo stile immediato e realistico quasi un omaggio a una corrente letteraria che crede non tanto nell’immaginare scenari alternativi e gentili voli pindarici, ma che si nutre e si basa su una quotidianità ritenuta poco intellettuale.

E’ un pianto della scavatrice di pasoliniana memoria, che necessita di un approccio diretto, semplice ma assolutamente, a non semplicistico.

Come a voler sottolineare che anche nella cosiddetta banalità del nostro vivere, senza slanci idilliaci e senza pompose manie filosofiche, si trova materia da mutare in arte e in melodia.

E infatti quasi con cipiglio testardo e anticonformista persino il titolo fa omaggio al ritmo, fattore essenziale di ogni arte letteraria: voler bene in segreto è si una sorta di presa di posizione ambivalente riguardo ai sentimenti, ma anche il verso di una canzone creata, appunto, dalle velleità artistiche del protagonista Efrem.

Che come…

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Presentazione romanzo “Voler bene in segreto” a Cervinara.

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Un ammasso di merda metallico bianco e blu – racconto di Domenico J. Esposito

Mi chiamo Donato Bratti. Forse vi ricorderete di me. Sono uno scrittore.

Ma questo adesso ha poco importanza per me.

Avrete sicuramente letto il mio libro. Aveva una trama piuttosto particolare, ricordate?  E ricevette anche molte belle recensioni. Spero vi sia piaciuto, che ve lo siate goduto. Ma ora ci sono cose più serie a cui pensare.

Già, perché da quando ho scritto quel libro sono successe parecchie cose, molto è cambiato.

No, non sono diventato autore di best-seller, non ho venduto milioni di copie. E a essere sincero non me ne frega niente. È dentro di me che sono cambiate molte cose. Anche il mio sguardo è cambiato. Mentre quest’epoca si preparava a diventare sempre peggiore, mentre la società continuava a diventare sempre più soffocante, lo stato sempre più invasivo e il sistema continuava a fare violenza psicologica e fisica sull’individuo, io invece mi liberavo di tutti i preconcetti, tutti i dogmi che ci vengono inculcati da questo mondo sbagliato e che continuano a schiacciarci, a ucciderci.

No, non sono più il giovanotto con la testa tra le nuvole, il romantico sognatore. Adesso sono un ribelle. Certo, molti mi chiameranno “rivoluzionario da tastiera”. Ahaha, non fatemi ridere: magari sapeste usare la tastiera come la so usare io. Con la “tastiera” si può cambiare il mondo fino al punto che un giorno si potrà fare a meno della tastiera stessa. Del resto, coloro che vi hanno messo in testa tutte le sciocchezze in cui credete non hanno utilizzato anche la scrittura? Che fosse piuma d’oca, la biro, la macchina da scrivere, il computer…

Quanta gente ha cambiato il mondo grazie all’uso della parola?  Che si trattasse di quella orale, scritta, cantata, recitata, che fosse la televisione, la radio, il giornale, che fossero i preti, i politici, i rivoluzionari…

Ecco, allo stesso modo in cui loro vi hanno inculcato e continuano a inculcarvi sciocchezze, io utilizzo i loro stessi mezzi per liberarvene.

Perché purtroppo dalla vostra libertà dipende anche la mia.

Voi non amate la libertà. Voi volete che tutti siano prigionieri come voi.

Se così non fosse, vi lascerei liberi anche di essere prigionieri. Chi sarei io per impedirvi di rinchiudervi in una gabbia ed essere sottomessi a un padrone, se poi quel padrone non vi convincesse che è giusto così e che debba necessariamente dominare tutti, me compreso, che non voglio essere dominato?

Vi sta già uscendo il sangue dal naso, eh? Capisco. Vi rincoglioniscono fin dalla scuola facendovi credere che sia tutto giusto, insegnandovi il rispetto per l’autorità, che adesso non riuscite a pensare che sia tutto sbagliato, che tutto ciò che vi hanno insegnato sono stronzate. Non è così? Vi spaventa quest’idea che la vostra intera esistenza, la vostra vita è tutta una presa in giro, vi spaventa il fatto che siete stati ingannati fin dalla nascita. E soprattutto, chi sono io per dirvelo? Voi ascoltate soltanto gli esperti, le autorità, vero?

Ma certo, aspettate, aspettate! Ahaha, sarebbe bello diventare un’autorità per il solo gusto di dirvi che l’autorità è un concetto sbagliato. Sarebbe bello diventare un esperto per dichiararvi che gli esperti non sono conoscitori della verità assoluta, ma soltanto gente che fa delle supposizioni, proprio come le fate voi, e che spesso sono strumentalizzati dai politici, i quali sono strumentalizzati dalle industrie, dalle multinazionali.

Eccovi di nuovo confusi, vero?

Ma sì, non credetemi, io dico solo scempiaggini: se io avessi ragione, i giornali e la televisione ne avrebbero parlato, avreste trovato scritto tutti nei libri di scuola, giusto? Ahahah

Ma basta! Sto divagando.

Andiamo al punto.

Uno come me, in un mondo del genere, non potrà mai vivere sereno. Non basta certo sorridere sempre, come siete abituati a scrivere banalmente sui vostri cazzo di social. Che c’è da sorridere quando un’auto degli sbirri scende e ci fa andare via solo perché siamo usciti di casa? Che c’è da sorridere quando mi impone qualcosa? Qualsiasi cosa essa sia.

Che c’è da sorridere se un individuo imbecille e addomesticato vuole che io rispetti la legge senza chiedersi che sia giusta? Che c’è da sorridere quando quelli che credevi tuoi amici giustificano l’autoritarismo fino al punto di insultarti, emarginarti, dire che sei tu quello pericoloso, e non gli sbirri, non chi impone medicalizzazioni forzate ecc.?

Che c’è da sorridere quando sei consapevole che in questo mondo di merda, si è sottoposti al ricatto economico e per vivere devi lavorare? E devi fare un qualsiasi lavoro. Qualsiasi lavoro tu faccia è giustificato.

Persino lo sbirro.

Oggi, in piena primavera, sono uscito di casa. E mi sono sforzato di uscire. Perché questo nuovo mondo mi ha distrutto, dall’anno scorso, fino a quest’anno. Un mondo in cui devi chiedere il permesso per uscire come quando andavo in quella lurida galera chiamata scuola per andare al cesso.

Cosa fate a fare quelle facce? Lo so, stupidi e indottrinati come siete, voi ritenete giusto chiedere il permesso ai vostri padroni. Puah. Mi fate veramente vomitare.

Dicevo, che mi sono dovuto sforzare di uscire. Finalmente, con le giornate allungate e un bel sole, si ricomincia a rivedere un po’ di vita. Ma il sistema tutto questo non lo sopporta. Ci vuole tutti depressi, chiusi dentro, a lavorare, e soltanto a lavorare da casa, distanziati, davanti ai nostri dispositivi.

Io questo lo so, ormai. E so che a un certo orario, arriverà un’auto degli sbirri e tutti scapperanno. Non servirà nemmeno che quelle merde in divisa scendano dall’auto. Sì, il più delle volte lo fanno, ma non servirebbe nemmeno. Sapete com’è, magari potrebbe arrivare un ribelle che se ne fotte delle regole. E a quello poi bisognerà dare una punizione esemplare, in modo tale che tutti gli altri capiscano che non si scherza con chi decide e con chi comanda. 

Allora ho deciso di fare soltanto una passeggiata e poi ritirarmi prima che arrivassero quelle merde, quei camorristi in divisa, quegli schifosi servi del sistema. Sì, quelli che voi dite che ci proteggono, quelli che voi chiamate i nostri angeli, cretini che non siete altro.

Non volevo vedere il solito spettacolo di un popolo addomesticato che scappa come quando un gregge vede un cane da guardia.

Ma il destino ha voluto che proprio in quell’istante uno dei miei migliori amici, mi chiamasse dalla sua automobile, invitandomi a salire. L’ho raggiunto e sono salito in auto.

«Adesso vado a parcheggiare l’auto a casa e facciamo una passeggiata» mi ha detto.

«Non è un buon orario, a quest’ora arrivano gli sbirri…si sa…»

Il mio amico sembrava non dare importanza a ciò che dicevo, anzi, sembrava non ascoltarmi affatto. Ha cominciato a raccontarmi ciò che aveva fatto durante il giorno e nel frattempo, io immaginavo i cervelli degli sbirri che schizzavano fuori dalle loro teste fracassate a colpi di pistola. Immaginavo di prenderli tutti a pugni come da ragazzino facevo con i bulli. Mi sarebbe piaciuto dare la caccia ai delatori, a tutti quei cagasotto che chiedono più controllo e incitano all’autoritarismo. Mi figuravo lo sbirro che mi veniva chiedere qualcosa, qualsiasi cosa e gli puntavo una pisola in faccia. Mi inebriavo al solo pensiero di vedere la sua merdosa faccia insanguinata!

Lo so, voi pacifisti e moralisti del cazzo vi starete scandalizzando, e intanto noi dobbiamo sempre subire la loro violenza, stare zitti. E perché cosa? Perché anche la vita di chi ci uccide ogni giorno è sacra? Puah. Mi fate schifo.

Nel frattempo io ed il mio amico ci incamminavamo per ritornare al centro del paese, dove incontriamo un altro amico.

«Cari, dove andate di bello?»

Aveva il volto mezzo coperto e stava per salutarmi con il gomito. Io, che odio il nuovo regime con tutto me stesso e peggio degli altri, gli dico che deve evitare di salutarmi in quel modo. In giro ci sono tante belle e giovani donne, tante persone, tanti volti giovani allegri e spensierati.

Ma questo al sistema non piace.

Deve vederci tutti tristi, depressi, reclusi, distanziati e costretti ad assumere le loro droghe legali.

«Posso offrirvi un caffè?» ci domanda il nuovo amico.

«Ti ringrazio, io sono già abbastanza nervoso…» gli dico con una punta di ironia, benché sia solo la verità.

Fa un mezzo sorriso.

Il mio amico gli dice che lui si è rimpinzato di tè, per cui il caffè non lo vuole nemmeno lui.

Cominciamo a fare un po’ di battute ironiche. Io gli dico che ho bisogno di droga, qualsiasi tipo di droga.

«La droga è sopravvalutata» dice il mio amico.

«Per droga intendo anche l’alcol…» specifico.

Non voglio discutere sulla stupidaggine che ha detto: cosa vuol dire che la droga è sopravvalutata? Se uno ne ha bisogno, ne ha bisogno e basta, per sopportare questo mondo di merda. Soprattutto adesso, con la tensione addosso che un fottuto sbirro possa venire a redarguirti per il motivo più assurdo. Magari per il semplice fatto che sei fuori casa o perché ti stai permettendo di respirare…insomma, non lo sapete che ora anche l’aria è stata privatizzata come lo fu la terra migliaia di anni fa? E dove arriveremmo, se ognuno respirasse quando gli va, così, liberamente!

In questo nuovo mondo, il sistema vuole che ci copriamo naso e bocca e respiriamo il meno possibile.

«Allora, Donny, vuoi una birra?»

«La berrei volentieri, ma ho la tensione che fra poco arrivino gli sbirri…e ci dobbiamo nascondere come se fossimo dei criminali…poiché non è consentito».

Continuo a sognare una rivolta spontanea, la gente che finalmente si stanca di tutto questo e comincia a prendere a calci nel culo gli sbirri, a distruggere e a dar fuoco le loro maledette auto di merda, a insultarli e mandarli via, a bloccare le strade…e invece no, la paura, l’ossessione per l’ordine, fa in modo che tutto resti così com’è…e sempre peggio.

«Eccoli!» ho detto, appena visto quell’ammasso di merda metallico blu e bianco. L’ho detto con ironia, anzi, con sarcasmo. Mi sono messo al lato del bar, non tanto per non farmi vedere, ma per non vederli: mi fanno così ribrezzo!

L’amico che voleva offrirci da bere è sparito nella folla.

«Andiamo via» diceva la gente «quelli ci fanno la multa!»

Imbecilli! Per paura di una cazzo di multa ci facciamo togliere ogni tipo di libertà! Basterebbe una disobbedienza civile di massa, sapere del resto che si può fare ricorso perché quelle multe sono illegittime. Certo, non è come una rivoluzione…ma questi non sono buoni a nulla. Sono bravi soltanto ad obbedire, addestrati fin dalla scuola, si sa…

«Facciamo così…» propongo al mio amico «andiamo nell’altra piazza e andiamo ad avvisarli che sta arrivando la polizia…»

«Sei matto? Quelli poi ti prendono pure per il culo…»

«Non è che vado lì a gridare “scappate, scappate, la polizia!”. Vado lì, lo dico a qualcuno e loro si passano la parola…»

Arriviamo in piazza e vedo tutti spensierati. Non so a chi dirlo. Sono tutti così giovani.

A chi lo dico?

Mi guardo intorno. Il mio amico continua a fregarsene. Sembra che l’unica cosa che gli interessi è trovare un posto in cui fermarsi a fumare.

Si ferma, si accende una sigaretta. La gente comincia ad andare via.

«Qualcuno li avrà già avvisati» dico.

«La solidarietà non è morta del tutto» osserva il mio amico e nel frattempo l’ammasso di merda metallico bianco e blu viene a portare la sua puzza di terrore anche in quest’altra piazza.

Quanto odio coloro che sostengono che gli sbirri “devono fare il loro dovere”, non hanno capito nulla. Gli sbirri sono pagati per mantenere l’ordine vigente, qualsiasi esso sia. In questo mondo nuovo, il paradosso è che hanno fatto del lavoro un dogma (e non una triste e violenta necessità), legittimano qualsiasi lavoro, persino lo sbirro, anche quando il lavoro degli sbirri è impedire agli altri di lavorare. Mi riferisco chiaramente a bar e ristoranti in primis.

Molti bar e ristoranti, però, se lo meritano di fallire: spesso sono i primi a giustificare tutte le restrizioni e le imposizioni.

Allora abbiamo deciso: creeremo una rete in cui ci avvisiamo quando arrivano gli sbirri, boicotteremo tutti i negozianti che condividono queste misure dittatoriali, e daremo la caccia ai delatori, prenderemo a calci in culo gli sbirri…e la rivoluzione potrà iniziare.

«Io ho fame» dice il mio amico «vado a cena…»

Non gliene frega niente a nessuno della rivoluzione. Non glien’è mai fregato niente. Anche quando la gente si ribella, non sa ribellarsi, non sa per che cosa si sta ribellando. Non ha proprio la concezione della libertà. Una rivoluzione con questa gente non porterebbe altro che a qualche riforma che peggiora soltanto le cose. In Italia poi, non c’è mai stata nemmeno una cultura democratica, figuriamoci libertaria.

Stringo la mano al mio amico, salutandolo e imbocco la strada verso cssa, mentre il sole è già tramontato e il cielo diventa sempre più blu. Un blu molto bello, non merdoso come quelle sirene e quell’auto che ora è parcheggiata proprio nella scorciatoia che uso sempre io. Ho voluto cambiare tragitto, altrimenti avrei potuto vomitare sulla loro auto.

Tornato nella mia abitazione dalla mia famiglia, mi sono preparato la cena, ascoltato un po’ di musica e non ho detto nulla. Tanto della rivoluzione non frega niente a nessuno.

Perciò, non mi resta che scolarmi un’altra birra, chiuso dentro casa, con la triste consapevolezza che anche domani sarà di nuovo così, che la gente scapperà alla vista di quell’ammasso di merda metallico bianco e blu.

Intanto, apro un’altra lattina…

Domenico J. Esposito

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Odiare in segreto: libri e panini per morti di fame

Tutti noi abbiamo dei nemici, delle persone che ci odiano, ma ne abbiamo altrettante che ci amano o che almeno ci rispettano. Certo, io forse sono stato ingenuo a pensare che nel mio caso le persone fossero divise in chi mi vuol bene e/o rispetta e in chi non mi considera affatto. Forse perché vedo tante persone che credono di essere odiate/invidiate e che i riflettori siano sempre puntati su di loro. Chissà, forse hanno ragione e io torto. Del resto, io sono uno che si espone, che dice ciò che pensa, giusto o sbagliato che sia, ma è quello che penso: come potevo dunque pensare che non ci fossero persone che mi odiano? Ma questo non importa: nemmeno nella più bella e utopistica società potremmo piacerci e volerci bene tutti. Il problema però, in quanto artista, è un altro: se un artista mi sta antipatico come persona o per le sue idee politiche, io lo critico come persona, non come artista. Certo, è ovvio che in ogni caso, non gli regalerei i miei soldi, ci mancherebbe, ma criticare un artista in quanto tale solo perché si odia la persona è da perfetti idioti e immaturi. Ma non è finita qui, c’è chi si inventa un qualsiasi rango sociale e condizione economica e te la attribuisce pensando di offenderti. Sarà che vesto sempre allo stesso modo e non mi interessa più di tanto spendere soldi per i vestiti, ma di certo non pranzo con un panino, se non nelle rare volte in cui mi trovo fuori casa (e deve essere rigorosamente vegan). Lo dico senza vanto né vergogna: non sono ricco e non mi posso permettere tutto e subito, ma la fame io non l’ho mai patita, grazie soprattutto a una madre che non mi ha fatto mai mancare nulla. Anche se io odio il superfluo: mi basta il necessario. Ma ammesso che un individuo, in questo caso un artista, fosse talmente povero da non poter nemmeno mangiare, forse sarebbe una colpa? Un insulto del genere offende chi REALMENTE è povero al punto da non poter mangiare. Se poi non sei asservito al potere e credi che NULLA possa giustificare l’autoritarismo e le restrizioni di libertà (anche la sospensione della banale democrazia e dei diritti costituzionali), oltre a essere un pessimo scrittore, diventi anche una persona “poco seria”. Saranno seri coloro che ritengono giusto l’autoritarismo, la delazione e che vogliono i militari nelle strade? Saranno seri coloro che credono a qualsiasi fesseria dell’informazione di regime? Ma riflettiamo ancora un attimo, dunque: che senso ha offendere un artista in base al fatto che ti sta antipatico, in base alle sue idee politiche e in base al suo presunto rango sociale? Forse che i poveri non dovrebbero praticare arte? I grandi artisti erano forse tutti simpatici? Erano forse tutti asserviti al potere e ritenevano giuste le leggi in ogni caso? Forse che io dovrei criticare certi scrittori in quanto tali perché si asservirono al fascismo? E per quanto riguarda il successo: quanti artisti, tra quelli che oggi consideriamo dei grandi, ai loro tempi non erano considerati affatto? Non che mi interessi il successo, che è soltanto uno dei tanti diversivi del mondo civilizzato (scrivo perché ne ho voglia, perché sento la necessità di esprimermi, nient’altro), ma bisogna pur rispondere a certe fesserie. Del resto, uno dei motivi principali per cui scrivo è proprio questo. Odiatemi pure perché non sono uno schiavo che difende il padrone, criticatemi pure come artista, dopo aver letto i miei libri e non per pregiudizio, ma lasciate in pace i poveri e non usate certi aggettivi come un insulto. Il mio romanzo “Voler bene in segreto“, infatti, parla anche di loro, di chi, a differenza mia e di tanti altri, non riesce neanche a mangiare. Ma il mio romanzo è soprattutto un libro sui sentimenti, in cui, paradossalmente l’affetto si tiene in segreto e l’odio è espresso sempre in maniera più o meno esplicita. Nella realtà, a quanto pare, è un po’ diverso: c’è chi preferisce odiare in segreto, ma neanche più di tanto, perché i sentimenti, negativi o positivi che siano, non si possono reprimere per sempre.

Domenico J. Esposito